anila hanxhari



1)
Calce viva

Scusami ma le campane le suoni con le scarpe
E le mani tagliate con i fermagli
Nonostante abbia la testa rasata dalle spine
La luce ha radici nell’acqua dove si spoglia
Calce viva
Scusami se mi fido delle croci con la fodera
Quando l’amore è a mezz’asta
Io nata con la clausola dell’amore
Scritta in piccolo
Come si ripetono le ali con l’eco invecchiato
Tra i confini dell’albero e i ragni
Nel rumore della crescita che mi perdo le maniche poi le spalle
Se l’amore avesse fame e si difendesse dal gelo
Con la pancia con le spighe di grano
Io sarei la fiducia che stringe le strade con la luna
Come una barricata
Se ne valesse la pena perdere il verde
Fatemi una clausola vostra scritta in piccolo in piccolo
Un lasciapassare per l’ignoto
Una barricata di mani unite
O semplicemente amore nel nome della colpa
Una maga circe
Dell’amore so che come il lupo perde il pelo ma non la croce
Il trattato tagliato a pezzi mentre rovina le forbici
Un’ ingrata mi ricatta con la tavolozza fatta nei bottoni a ombelico
Li ci si indovina la risata
Dell’amore so i resti
Se tu menti prima di avere gli occhi
Ti rimane di volare
Ma tutti i voli devono qualcosa a chi
Ha un piede sugli angeli



2)

Mi fido della pelle che marcia il pupazzo di neve
Del circolo della vita
Che si conclude mano nella mano
Dell’amore che si secca sulla lingua
Come un’ostia
E benedice il rospo
Dell’amore clonato nell’abitudine
Che crepa gli orsetti con l’acqua dolce tra i denti
Mi fido dell’amore che non chiede nulla
E sa essere vigliacco
Si abitua all’assenza
E taglia con la lingua una stretta di mano
Mi fido dell’amore che è più dell’abitudine
Del bene che muore
E non chiede più come stai
Del mio essere svuotato dal seno
Mi fido dell’amore ricamato su pozzanghere
Sotto gli alberi senza radici
Della formica che nasce dal crollo dell’alba
Amore mio aspettami mi dici
Ma tu non credi nella parola “amore”
Che cresce con l’addio
Riconosco il suolo della tua scarpa
I tuoi occhi quando grandinano
Tu ami in me la libertà che potrei darti
E sei così ingenuo
Che anche i fiori si congedano dall’albero
Per esserti in dono
Ma la libertà è come i fiori
Mente per renderti felice



3)

invecchiami

resti accanto al pianoforte alla tastiera
alla grata della faccia rapida e scarna
che si chiude a ragnatela
delle sopracciglia nella testa
se ti rialzi dal tempo sghembo servile
bada alla fuga nella fessura
al peccato ciniglia della lingua
alla risata della pipa che afferra la mano
e la lancia come scialle grasso danzante
sul selciato dei pianoforti che spiovono
pizzi di libri come lenzuola
attraversami dall’amore
con le spalle bussate dai denti
con il cenno pagliericcio dell’occhio
valgo l’inizio della piroetta
come centesimo dentro il feto
e sgambetti tra i gemiti
ballerino sulla tastiera
quando mi raccogli a rampa
se è colma la soglia dalla mano alla lanterna
chiamami per nome del mare che spezzo
con la gonna la bocca e una ciocca di capelli
fammi donna quando la bocca si leva
dalla luce alla schiena
e la sete si spalanca con fracasso
dalla mia mano alla tua mano invecchiami
quando è mezzanotte raccoglimi a rampa




4)

Mi vuoi bene fino a strangolarmi con la luna
Mi fai uscire il respiro a battipanni
Mi sbatti tra le file come un’ anatra
Caro la promessa la parola data
È di più che rimanere vivi a giri di viti
Fino a farmi salire con una scala di legno l’aurora
E mi lasci vivere sulla soglia dove racimolo i denti
E tutti i bambini mi giocano la parola sul pc
Invece che su una palla da calcio nel cortile
Ormai non gioca più nessuno
Tranne te che mi spargi gli occhi per la sete
Che disperdi il mio volto perché non ritorni più
E mentre alzi gli occhi fino in cielo
Te ne accorgi dell’erba che cresce senza occhi né volto

Riconciliamoci con la morte che rema i cari
Con le mani che fanno vento
Non vendo i ricordi, né i rattoppi per non vederli
Triplicati in casa altrui
Non sono capace né a riconciliarmi né a vendere nulla madre
Tranne che l’assenza
Potessi inscarparmi la lingua
Tracciare la linea del libro inventato da Dio
Dove sono figlia combustibile
Che vi rimane in mano curva e vuota
E lì che perderete l’equilibrio della mano
Nell’attesa della pienezza
Vi sentirete in linea dei fiammiferi
Con l’odore di bruciato
Senza mai prendere fuoco



5)

Non so se è la pioggia che s’identifica con le lumache
O se le lumache s’identificano con la pioggia
S’ingannano a vicenda
Abbiamo mai piantato le mani prima di tagliare i germogli
E sognato il melograno spento con gli occhi
Prima che la pioggia s’identifica con le lumache?
Andiamo alla ricerca di cose che pensavamo di volere
Ma abbiamo già lo stesso biglietto per la vecchiaia
Prima che il pc ci graffia gli occhi di bambino
Per gioco
E noi ci siamo quando l’autunno ci fa cadere dal tronco
Ci rivolgiamo la parola per indovinarci
E non mi devi nulla quando te ne vai

Se è vero che possiamo anche andare
Il miracolo dell’amore è osare
Essere possibili

Resti con me questa sera
A riposare nella certezza del bene

Ho visto l’amore oscillare come madre
Di riconciliazione
Sigillare con il seno il ritorno del corpo
Come impegno del tempo di non disperdere l’altro
Che mai spacca legna per farne corazza
Se rimango è per curarmi dell’amore
Che non vide mai terra
Ma un seno ancorato alla nave


* * *
Anila Hanxhari: BRINDISI DEGLI ANGELI
di francesco di rocco
c’è molto lontano un maniero misterioso e inaccessibile, dove solo poche anime possono vestirsi con l’abito della festa, per partecipare al banchetto reale e sedersi accanto al trono del re, e brindare al più sublime dei peccati di sempre:amore. Ma è l’amore infinito che abita negli uomini, è il vorticoso palpitare dela vita. E’ questa la vibrazione meravigliosa universale delle poesie di Anila, autentica "belva della poesia", ha sempre fatto del suo scrivere, un flusso irrefrenabile di lirismo, ma la sua preparazione, il suo vissuto hanno fatto di lei una voce autentica e cristallina, che con la sola forza del ritmo raggiunge abissi siderali oltre i limiti indicibili del cosmo;cattura luce e tenebre e ne fa dono a noi mortali. E’ un versificare che genera calore di lettera in lettera, ogni volta più forte, come se fossero esplosioni siderali. Scrittura certamente innovativa, atipica - ma, questa è la colonna portante dell’ars poetica di Anila Hanxhari, lo stadio della massima perfezione della scrittura. Uno scrivere maturo, un fluido virtuoso gravido di passione, un unicum travolgente in perenne movimento. E l’amore, quello che indossa il frac nella serate di gala, che dunque portato sulla terra, assume sembianze umane, e guidato sapientemente dalla mano di Anila, si mostra in tutto il suo splendore alla mensa degli uomini, e fattosi angelo brinda alla vita per scacciare il male.


Di Mario D'Alessandro:
Di fronte a questa Nausicaa di Durazzo, che ha traversato il. mare, in cerca di una terra, vi sentirete disarmati per la genuinità espressiva, per la forza evocativa di metafore ardite (...). Poi, attraverso una più attenta lettura, scoprirete i meandri più nascosti del labirinto del suo cuore, dove un Minotauro s'annida, nelle forme della visione dolorosa dell'esistenza, in cui soltanto l'amore, il dono di se, può essere filo d'Arianna (...).

Le mutevoli immagini della lingua di Pina Allegrini
E' possibile avere una "visione" nuova sulle immagini molteplici, mutevoli e misteriose della lingua? Direi di sì, a patto di abbandonare la consuetudine del consumo delle parole all'interno di un sistema comunicativo prigioniero, a volte, non solo di scuole e di tendenze ma anche, e soprattutto, delle necessarie eppure spesso frenanti ascendenze grammaticali e lessicali che condizionano lo slancio creativo, fornendo di caso in caso "stampi razionali" all'incandescente flusso della scrittura. In tal modo l'immaginario poetico, dopo aver spalancato le "finestre dell'anima", dovrà necessariamente operare, nell'ambito strutturale e semantico, degli scarti linguistici tra gli elementi formali del verso, tra le parole e le aggettivazioni, tra il segno e il suono. [...]



Cara Anila,
ho finalmente riletto le sue poesie e le confermo l’impressione che ho avuto di trovarmi di fronte a un talento poetico straordinario.
La sua parola è uno shock, qualcosa che colpisce allo stomaco, che acceca, che dà le vertigini. Non lascia respiro, non cede a nulla che non sia urlata e sottile esigenza di assoluto.
Il suo italiano è selvaggio e potente come ormai rarissimamente gli italiani di madre lingua riescono a sentirlo. Lei mette in scena una lingua tutta tramata da fulmini metaforici che si inanellano l’uno nell’altro fino a creare quella tempesta magnetica che è la sua scrittura.
Versi come: “ Se Dio è una lirica selvaggia”, “il dolore è la cavalcata dell’essere”, o ancora “cos’è la vittoria senza i perdenti” mostrano questa tensione metafisica e morale, violenta e visionaria, che c’è nella sua poesia.
Prendiamo questi tre versi:
“le albe con calze bucate/rammendate fino a rendere zoppo/il tuffo degli angeli…
Neppure il più audace dei surrealisti avrebbe visto un’alba che porta calze rammendate, un’alba povera, ferita, piagata sino a coinvolgere gli angeli nel proprio dolore. L’intensità simbolica è altissima. Come altissima è l’intensità etica dei versi come: “ ho imparato ad essere acqua per capire/ come lascia l’addio” o “ ci sono serrature che non mi contengono”, o “ noi siamo gli acrobati del bene e del male”.
Colpiscono nel suo lavoro i richiami a Leonardo, Petrarca, o a Goethe e a Shakespeare, cioè ai maestri di una tradizione occidentale in cui lei mette dell’oriente, la duttile, metamorfica sensibilità simbolica. Lei poi ha un uso formidabile dei titoli:
“quel poco di terra un po’ rubata e un po’ promessa”
“datemi un pugno di sole”
“l’albero non è un mezzo per arrivare alla stagione, la stagione non è linfa per incontrare la terra”
Sono titoli bellissimi che sono già micro poesie perfettamente riuscite….
La sua terra, la sua storia, la sua vita è la poesia in questo addensarsi di immagini che si inseguono, carnali e spirituali, in un vortice che prende e sconvolge.
Non so se ha letto Mimosa Ahmeti, poetessa albanese o Tiziana Cera Rosco, italiana, o Amal Moussa, che è tunisina e scrive in arabo. Poetesse che ammiro. Forse no. C’è nei suoi testi qualcosa di più selvaggio e crudo. È il miracolo di questo italiano conquistato, voluto, violentato, amato, energetizzato sino alla sovrabbondanza. Lei è unica. Forse la avvicinerei a Milo De Angelis, per certi cortocircuiti metaforici, come quello che le ha fatto scrivere questo verso: “rimboccare la terra fino all’imo”. Bellissimo e terribile.

GIUSEPPE CONTE

18 commenti:

  1. Leggere le poesie di Anila è come trovarsi di fronte a una lanciatrice di coltelli, oppure ad un' equilibrista che balla su di una corda tesa sul vuoto e ti prende l'ansia di: ora viene giù, ora si sfracella... e invece lei imperterrita si fa sempre più agguerrita, più audace, i suoi non sono semplici saltelli, ma zompi, piroette che ti lasciano col fiato sospeso.
    Ci vuole spirito d'avventura per avanzare in questa che può apparire una giungla versificatoria, stomaco avvezzo ai sussulti delle montagne russe, ma ad essere avventurosi si viene premiati, se ci si imbatte in versi belli come questi:

    se l'amore avesse fame e si difendesse dal gelo
    con la pancia, con le spighe di grano
    io sarei la fiducia che stringe le strade con la luna

    e si fanno largo, in un misto di perplessità ed emozione, due considerazioni: poesia è libertà, libertà d'infrangere il vetro del senso logico, rovesciare i luoghi comuni, di usare il linguaggio per quello che è, un materiale duttile, che tuttavia nella vita in prosa ci stringe e ci costringe, ci lega e limita nelle sue regole, c'impoverisce nei lacci della sua gregaria banalità, nelle formule precostituite che ci prendono per mano, s'impossessano di noi, mettono al guinzaglio la nostra autonomia, qui invece il discorso è rovesciato, è lei, Anila, che strapazza il linguaggio, lo piega, inventa nuovi spazi tra i confini dell'albero e i ragni. Una bella ventata di libertà.
    La seconda considerazione è che tradurre la vita, restituirla in forma di parole è impresa impossibile.
    Allora anche qui è bene che la sete si spalanchi con fracasso, che spinga fino al paradosso, che s'imbatta in alcune semplici verità:

    ci rivolgiamole parole per indovinarci
    e non mi devi nulla quando te ne vai


    Una poesia che ribolle come calce viva, rischia di ustionare. Eppure, neanche al fondo, ma visibile, c'è una fortissima tensione alla dolcezza, un'urgenza amorosa incontenibile, un desiderio che parla:

    mi fido dell'amore che non chiede nulla
    e sa essere vigliacco

    Una poesia che sonda, tenta il linguaggio alla ricerca di possibili verità, non semplice, sonora e audace, innovativa e affascinante, frastagliata quanto basta per spingere ad esplorarla, a entrarci e ritornarci, a lasciarsi abbagliare dalle sue infinite luci.

    RispondiElimina
  2. Una conferma l'amica Anila!
    Voce poetica, forte, sicura, potente ed indipendente. Qualità che in poesia, purtroppo, cominciano ad essere sempre più rare.

    con amicizia,

    Salvatore Sblando

    RispondiElimina
  3. In Anila avevo notato sin dall'inizio (Antologia Mondadori 2004) un potenziale notevole e originale, tuttavia avvertivo allora alcune ingenuità forse dovute all'età e sopratutto credo alla difficoltà oggettiva del "tradursi" in una lingua acquisita, non madre dunque, bensì "matrigna". Oggi condividendo appieno la meravigliosa disamina di Conte, non posso che complimentarmi con una delle voci più autentiche, telluriche e originali della giovane poesia, unica nel suo genere in quanto l'attraversamento amoroso delle lingue perciò delle metafore italo-balcaniche, dei segni attinti, è divenuto un punto di forza assoluto, un corpo poetico in perenne metamorfosi, creando un mondo personalissimo e inimitabile. A distanza di tempo,invece, alcuni autori presenti nell'Antologia del 2004, nonostante l'uscita pomposa nello Specchio, ahimè, ancora purtroppo oggi li vedo come studenti-allievi di bottega.

    in amicizia, poetica-mente

    Gianpaolo G. Mastropasqua

    RispondiElimina
  4. Non vi è entronauta, ermeneuta, lirico, meditativo che non si sia cimentato con l'arcano, dall'androgeno, al mito di eros, da privazione e povertà, ai vari freud e i taluni fromm in questo mondo, ma per Anila l'amore più di tutti è giano bifronte:
    "l'amore rende neve in movimento l'eterno
    stroppicciando i confini del pupazzo di neve
    l'amore è dimenticare l'equilibrio e cadere
    dal tronco come un insetto o una scheggia
    finire la danza della foglia
    come l'uomo s'aggroviglia quando mente
    l'amore imita le foglie e il ruscello
    e poi è bruco che attende
    un giorno solo del possibile"
    L'incessante anafora, quasi litania di un amore che si fa neve, acqua, gelo, sangue, foglia, silenzio e poi con una sentenza gnomica devastante "il contrario della felicità/non è un dito fuori dalla scarpa/ma il piede dentro il corpo" Anila riesce a magnetizzare i concetti, le emozioni, le riflessioni, in modo perfettamente naturale, in una ragnatela magnetica e mutando le parole di Giuseppe Conte, "È il miracolo di questo italiano conquistato, voluto, violentato, amato, energetizzato sino alla sovrabbondanza. Lei è unica"
    Massimo Pasqualone

    RispondiElimina
  5. La libertà mente per renderti felice.Questa potrebb'essere la chiave di lettura di un lavoro molto combattuto e combattivo nell'orientamento al sentimento umano.Le parole assumono un'importanza quasi visibile,come fossero sfondo ,ora cruento ed indomabile,ora rassegnato e vagamente dolce dell'intera esistenza.Viene alla mente la pittura analitica di Picasso,ovvero il bisogno di una ricerca molto articolata e fredda sulle cose,la loro origine e la loro fine.Il risultato è quello di un 'opera non sempre comprensibile ma convincente,superba,originale, che dichiara una logica propria nella piena libertà di tutti.Libertà che torna nel bisogno "d'indovinare se stessi",al momento giusto.Per resistere,per rimanere meno delusi.

    RispondiElimina
  6. E' poesia che in un primo momento mi affascina per la potenza che esprime, una poesia che abbaglia e coglie di sorpresa. Tuttavia, lo confesso, mi stanca presto. Mi ubriaca con la sua velocità ma non mi lascia il desiderio o la curiosità di ritornarvi. Mi manca la chiave per entrarvi e guardarmi attorno, è come se mi travolgesse ma, una volta passata l'ondata, ho come l'impressione che non mi rimanga molto. Apprezzo alcuni accostamenti inediti e arditi, la voglia di sperimentare e uscire dagli schemi. In alcuni casi però temo l'autrice si sia lasciata un pochino prendere la mano dalla ricerca dell'inusuale ad ogni costo. Ho la sensazione che qualche volta il lavoro a tavolino abbia preso il sopravvento sull'autenticità.
    In tutti i casi, se l'intento era quello di sorprendere, direi che l'obiettivo è stato raggiunto. Attendo di leggere altri commenti che mi possano offrire indizi che non ho colto e mi propongo di rileggere le liriche con rinnovata attenzione.

    RispondiElimina
  7. Paolo Zanardi propabilmente mentre leggeva Anila Hanxhari era già stanco di suo considerando che la poesia di Anila é sublime e ti rimane dentro dal primo attimo quindi devo ritenere che Paolo voleva provocare allora: rileggi, rileggi rileggi e godi di questa lirica della poetessa e vai oltre leggendo altri testi dell'autrice!

    ANGELO ALLEGRINO

    RispondiElimina
  8. Immaginavo che la poesia di Anila avrebbe suscitato consensi ma anche qualche perplessità.
    Vorrei però suggerire ad Angelo Allegrino: siamo tutti evidentemente appassionati di poesia, ma forse non basta dire è sublime per convincere chi ha espresso delle perplessità.
    Paolo Zanardi tra l'altro le ha espresse in modo garbato, evidenziando quelli che a lui sembrano aspetti positivi nella poesia di Anila.
    Forse Angelo dovresti anche tu cercare di argomentare. Ci interessa la discussione, che è sempre motivo di riflessione e di approfondimento, il tifo lo lasciamo agli stadi.
    Vi anticipo che a breve pubblicheremo un'intervista, che si annuncia molto interessante, ad Anila Hanxhari.

    RispondiElimina
  9. Beh, anch'io devo essere molto stanco. Tuttavia ho letto con curiosità e interesse i commenti entusiasti a questi testi e ne sono felice.
    Non è la prima volte che ho difficoltà ad entrare in una poesia, a volte ho trovato la via altre volte no.
    Sono convinto si possa dunque fare una riflessione costruttiva che male sicuramente non fa, ed è bello che quì se ne possa parlare serenamente a totale beneficio della protagonista: la poesia.
    Un particolare ringraziamento va ovviamente ad Anila, che così gentilmente co ha donato i suoi versi.

    RispondiElimina
  10. Caro Angelo Allegrino, senz'altro, come ho già scritto, rileggerò queste poesie. Anzi, lo sto già facendo. Anche oggi comunque sono stanco; succede, dopo una giornata di lavoro.
    Paolo Polvani mi ha anticipato chiedendoti di argomentare: mi interessa capire le ragioni per cui definisci sublime la poesia di Anila Hanxhari. Mi pare tu dica ciò dandolo per scontato, come se fosse impensabile ed improponibile sostenere il contrario. Può darsi tu abbia ragione; convincimi, ne sarò felice. Per ora, scusami, mantengo la mia opinione (suscettibile di cambiamento) e mi permetto di esprimere un mio personale pregiudizio, che nutro sia verso le stroncature senza appello che verso gli elogi sperticati: entrambe le cose mi rendono sospettoso. A maggior ragione, quindi, necessito spiegazioni. Può darsi che in seguito anch'io, come te, consideri sublimi queste poesie. Per ora mi limito a considerarle interessanti, che comunque non mi sembra poco, per le ragioni che ho spiegato.
    Infine, mi aggiungo al coro di coloro che hanno espresso ringraziamenti all'autrice per averci dato l'opportunità di leggere le sue opere e di commentarle. Tanti, più famosi di lei, credo non ne avrebbero il coraggio nè l'umiltà.

    RispondiElimina
  11. probabilmente stiamo usando all'interno di questa discussione un verbo che rischia di radicalizzare le posizioni e di portarci fuori strada: convincere.
    penso che non sia il verbo giusto. a me piace beethoven, ma se uno mi dicesse convincimi che ne vale la pena, probabilmente userei le stesse argomentazioni un pò fideistiche di Angelo e mi limiterei a dire ascoltalo, ascoltalo.
    non si tratta di convincere. la poesia si presenta attraverso infinite forme, e non sempre coincide con le nostre aspettative del momento. per piacermi una poesia deve avere il potere di affascinarmi, di sedurmi, di regalarmi vibrazioni di piacere, e in questo caso è accaduto. deve anche offrirmi una prospettiva nuova, una visione che attivi la mia curiosità. uno dei particolari parametri che uso per stabilire se una poesia mi piace è se mi fa venire il desiderio di mettermi a scrivere, se mi regala anche solo una parola che mi piacerebbe usare la prossima volta. e anche questo è accaduto. e comunque se non ci innamoriamo tutti della stessa donna ci sarà pure un motivo. a me piacerebbe invece prendere spunto da questa poesia per cercare di capire se esistono dei requisiti minimi e quali, perchè una poesia possa dirsi tale. tutti sappiamo che cosa è poesia, ma ingabbiarla dentro una definizione è molto difficile, posso citare una frase letta stamattina in un libro di borges, una citazione di sant agostino: io so che cosa è il tempo, ma se uno mi chiede di definire che cosa è il tempo di colpo non lo so più. (cito a braccio, ma il senso è quello). uguale per la poesia, ognuno sa che cosa sia, ma definirla, tracciarne un perimetro certo non è facile e forse non sappiamo nemmeno se utile.
    per quello che mi riguarda trovo che la base essenziale sia la consapevolezza nell'uso del linguaggio. cioè può chiamarsi poeta chi utilizza il linguaggio mostrando di sapere, di conoscere il materiale che utilizza. senza distinguere le forme dell'utilizzo, che possono essere infinite. nel caso di anila le riconosco una grande maestria nel forgiare un linguaggio incandescente, spiazzante, pieno di sorprese. ma altrettanto sinceramente confesso di amare per esempio caproni, che utilizza un linguaggio quotidiano, accessibile, senza tonfi, e anche vivian lamarque, e per restare nell'ambito del sito mi piace anche molto matteo fantuzzi, non per niente lo abbiamo proposto. sono utilizzi del linguaggio molto diversi tra loro, e prospettive esistenziali altrettanto varie, ma ciò che li accomuna mi sembra una forte dose di consapevolezza.

    RispondiElimina
  12. La poesia è un gatto dalle molte code.

    Che la poesia racchiuda in se un mistero si sa.
    E possibile entrare di nascosto in quel mistero e svelarlo?
    E’ possibile fare intorno a quel mistero delle riflessioni utili a comprendere più profondamente ed intimamente la poesia?
    E cosa significa comprendere la poesia più profondamente?
    A cosa serve la poesia? Che fa? Cosa mi da o mi potrebbe dare.
    E’ utile la poesia? Ha uno scopo? Una funzione?
    Che vuole da te, da me, da noi la poesia?
    E’ possibile che la poesia ci inganni?
    C’è una linea di demarcazione tra una poesia e una non poesia?
    Come sarebbe il mondo e la vita senza la poesia?

    valdo

    RispondiElimina
  13. Incoraggiato dalle innumerevole risposte che sono arrivate alla mia precedente continuo:
    Ecco, io credo che per capire profondamente la poesia sia necessario capire più profondamente noi stessi. Il fatto che noi, generalmente parlando, siamo disposti a tutto pur di nasconderci a noi stessi: da un armadio a un centro commerciale c’è poca differenza. C’è persino chi riesce (o s’illude di riuscirci) a nascondersi dentro una poesia.
    Ma sì, la poesia è generosa, ha la gonna larga e ci protegge, come una madre che è disposta a tutto per proteggere i suoi bambini.
    Che fare, dobbiamo dunque ribellarci? Tagliare il cordone ombelicale che ci lega alla poesia come abbiamo fatto con la nostra madre? Chi l’ha fatto intendo, quei pochi coraggiosi, quei pochi coraggiosi che si sono aperti alla fragilità della vita rischiando ogni volta di rompersi l’osso del collo.

    RispondiElimina
  14. Come posso commentare il suo scrivere? Dovrei avvicinarmi alla stessa divinità che le ha dato questo superbo dono lirico...
    perchè le poesie di Anila sono eleganti armonie,perfezione ritmica,sensibilità - il più sublime dei nettari...lei parla con il cuore in mano...
    Francesco Di Rocco

    RispondiElimina
  15. Ho davvero apprezzato molto l'intervista ad Anila, e mi ha aiutato a capire meglio la sua poesia. (continuo a studiare :)
    Quindi è vero che le poesie, vanno lette con la mente e il cuore e sono loro ad indirizzare la via per entrarci, ma il dialogo che da sempre gravita nei dintorni della poesia non è inutile, se è un dialogo aperto e sincero.
    Io non considero la poesia fine a stessa, ma funzione, e parte, di qualcosa che va ben oltre. Nessun poeta, nemmeno Montale, nemmeno Dante è esente dallo scrivere fregnate. Io credo che l'abilità maggiore di un poesta e anche la sua responsabilità sia quella di saper distinguere la crusca dal grano e non è cosa facile se il grano è quello del nostro orticello. Sì, c'è una potenza enorme nella poesia. E' la potenza di un essere umana che accetta la sfida di parlare ad un altro essere umano, armato di infinita pazienza. La "perfezione" fosse anche lirica, come la verità è estremamente pericolosa.


    "Vorrei regalarti oggi tutta la mia
    incertezza, la mente nuda che vacilla,
    e ruota su se stessa
    come una foglia che lenta cade dall’albero
    in alto, dove si era arrampicata "


    v

    RispondiElimina
  16. Ho riletto l'intervista ad Anila pubblicata sul blog intervistadautore. Come ho avuto modo di scrivere altrove, si tratta di un intervista molto interessante. Inseriti in essa questi versi, che trovo belli e profondi:

    “L’amore sono i rami spogli
    Quando l’albero è in piena stagione
    La sostanza dell’occhio del cieco che fissa
    L’anima e lo vince
    L’amore è il grano del grido
    Che ci restituisce la veglia del pane”

    RispondiElimina
  17. è certamente un tipo di poesia che lascia il segno, che graffia, che morde. certi versi sembrano scritti col sangue o estratti come grosse spine dalla carne. prende a schiaffi senza nessuna remora la rigidità schematica della razionalità e bussa impetuosamente alla parte destra del cervello, alla pancia, spalanca le porte dell'immaginazione, della fantasia libera e imperfetta e banchetta con le parole. sì, può essere stancante, perchè cervello destro e cervello sinistro chiedono, in qualche misura, di procedere insieme, sia pure per sbalzi progressivi. in conclusione mi affascina, mi intriga, mi commuove. mi lascia esausta. grazie.

    RispondiElimina
  18. Scrittura in evoluzione continua, in progressione geometrica, violenta, laddove quella parola è necessaria e solo quella. Una metamorfosi magmatica, uno stravolgimento radicale di registro quando, nel rabbioso raccontarsi di visionarie immensità poetiche, la realtà di dolente umanità si auto sublima in cunei luminosi di lirica...

    Mario D'Alessandro

    RispondiElimina

prova