Maria Lenti


           Da Cambio di luci, Ancona, Canalini e Santoni, 2009
                 
                 sensitiva

                  vive in altre forme in clima altro…
Qui, sbertucciate cime - talee inesistenti -
s’è fatta annua e non riprende

- terriccio consumato terra smossa -
s’espande bene in voce amore amore
nel passo che gelando la tallona
l’apre l’irride amaro la seziona



cura sollecita

                  e…
volgiti, vai…
                     di qua
aghi bacili garzette cotonine
flaconi isteriliti striminziti svaghi
intrugli e scorrimenti
                     (proliferano maghi)

nessun rosario nessuna coroncina
dietro lo spegnimento
nemmeno la novena
portata a lenimento…



interno marzolino

                  S’interna incanto d’aria 
                  …vengo a cercarti
e non aspetto
pronto il mio corpo a cucce
caldo il petto
(mi vuoi, dimmi mi vuoi?
Oh se ti voglio, sentimi…
Non indugiare affrettati
poi resta e poi affrettati
e baciami ribaciami
sul seno stretto)

                







                stanza del riso                                                      

     che mai  è questa campana
                                 suonata
                                 stonata
                                 adorata
la vita
è quello che ti succede quando pensi ad altro
ti passa accanto vaporizzata
                 forse sprofondata
o ti rimorchia bruciata
                certo molata
se la segui o la scruti

                  (l’azzardo d’un punto interrogante
lanciatosi gagliardo
e spentosi bastardo,
un aggettivo un verbo un nome
-                      esistevano, erano, vivevano:
sarà vera la fiaba, eccome  -
                  di fronte al riso di chi sbuccia
la mela fino al torsolo
torcendo il proprio ventre)

                  mentre sgrani
grani di riso crudi scotti  al dente

                  

cibi in tavola

                  (la sera ben si sfrangia
sull’onda dentro il petto)

          Mangia, che aspetti?
Non ha coda la luce
nera è già la croda

tutto è plissettato
l’impunturato a lutto
segna  l’appretto







 tivù prandiale

                  lunga gittata di missili sul Letani
bambini e non più tali se ne vanno
                  (lagati i vari armieri
                  camuffati amici  mercanzieri)                                       
                  le nazioni poco unite daranno
                  componimenti e  scomponimenti 

(attorno al tavolo
del pranzo,  rossi vini
fine arrosto di manzo
dolci dessert e bollicine ,
sfilano complimenti
- le menti alla vacanza
 stanza dei contrappesi
 e degli incitamenti.
 Ormai è agosto, no? Voglio
 un appagamento -)



preghiera

                  renitenti alla ragione
onnipotenti ai soldi
armipotenti  holding
impenitenti ai saldi    

fuori da ogni sguardo appassionato,
violando a più riprese nomi e suoni,
fanno scempio di creature animate
e inanimate (ma animate di un fiato
                 dato anche al nostro fiato),
di acque e terre di cieli e vie di poesia
(Laudato sie,  mi’  Signore, cum tucte le tue creature)

                       se vale la protesta
                       se resta la preghiera
                       se questa è una preghiera,
                       profonda dal mio cuore,
                       “Laudato sie, mi’ Signore...”


                                                           _______________________

  
Oggi, poesia

Scrivere poesia:  che senso ha, oggi? e ieri? l’altro ieri?
Scrivere poesia può non avere un senso. Resta, però, un bisogno (per chi scrive: molti; per chi legge: pochi).
Vi è un desiderio (pur mimetico, nell’accezione di Réné Girard) che spinge gli uni e gli altri a dirsi-leggersi nei versi, a vederne il proprio tempo e il lungo interrogativo che  data dall’inizio della vita?
Non ho certezze. Ho dubbi. Non risposte.
La poesia suscita domande, entra nei meandri delle possibilità e delle probabilità, ricerca appigli, mette in scena e allo scoperto i protagonisti (cioè tutti noi che viviamo) con il viso e il corpo e l’anima che hanno (o che non hanno, essendo magari, il viso di cartapesta, il corpo ostentato, il letargo nell’insieme).
Parlo della poesia capace di andare oltre l’evidenza, di entrare nelle profondità individuali e collettive, storiche o sociali; desiderosa di conoscere il reale più o meno in luce e di ricreare mondi ed universi dentro di sé e fuori del proprio orticello; che susciti emozioni e pensieri che conducano ad altre soglie; che più solleciti a scoprire e meno, assai meno, a soltanto comunicare esperienze.
La poesia ha questo senso. Da tutti i punti cardinali e le lingue della terra,  senza difficoltà né lontananze, la sento vicina in questo suo versarsi.

Maria Lenti



 La poesia di Maria Lenti

L'atto creativo trova la sua sorgente in una eccedenza che irradia un'effusione di parole, un'effervescenza che trova appagamento nel tentativo di dare una disposizione alle parole.
Nel sito della poetessa Maria Lenti (www.marialenti.it) segnalo un video molto interessante, sia per l'oggetto del discorso, una sorta di dialogo con se stessa oltre che con lo spettatore sul senso della poesia, sia per la bellezza dell'ambientazione, una città di Urbino piena di sole e di finestre, con giovani donne affacciate che accennano saluti.
Nel suo discorso sul senso della poesia Maria Lenti azzarda dei tentativi di dare un nome all'eccedenza che genera la poesia, che qui sintetizzo in maniera approssimata, col desiderio di favorire la visione diretta del video.
La poesia esprime la felicità dell'esserci, lo sguardo profondo su quello che ci circonda, e ancora: l'interrogativo di stare al mondo, il senso umano, la vita mescolata a quella degli altri.
Maria ci offre una poesia colta e consapevole, che svela le radici di una passione umana e civile, una tensione alla partecipazione.
I suoi versi suggeriscono un'intima connessione con la musicalità naturale del paesaggio marchigiano.
Il linguaggio è ben governato e piegato alle esigenze di uno stile alto, grazie a una miscelatura cromatica appropriata, a un gioco di rime e di assonanze, una rincorsa avvincente all'interno del ritmo:  
non indugiare affrettati
poi resta e poi affrettati
e baciami ribaciami
sul seno stretto.

4 commenti:

  1. Il gusto per la parola,invita,in questi versi,il lettore,in una attenta versione delle vicende,delle ore,dei ruoli.Che assumono un delicato ma tenace temperamento fattivo.
    Nulla è lasciato al caso.Ogni parola ha corpo e volontà per rendere il costrutto sempre gradevole,raffinato.

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  2. Mi sono soffermato su: interno marzolino.

    Sarà che oggi piove e un po' ci assomiglia, anche se è novembre e sto quì al caldo e leggo e scrivo. E allora io lo sento bene l'incanto d'aria in questa piccola stanza, nel letto sfatto ancora caldo e dentro al cuore.
    Oggi 6 novembre, vorrei venisse proclamato giorno della tenerezza, dei baci e degli abbracci, il giorno in cui tutti si fanno trovare, nudi, e si riconosco in una poesia.

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  3. mi colpisce la tensione con cui ogni parola assume il ruolo di una sintesi, viene caricata e investita di senso, e come sia sorgente di musicalità e s'indirizzi verso una libertà espressiva elegante e raffinata: a me piace molto - cura sollecita -, che di certo rimanda a una situazione di cura e di malattia, ma esprime -forse in forma di lapsus freudiano - quella cura sollecita nei confronti della parola, una ricerca attenta e quasi voluttuosa:

    -flaconi isteriliti striminziti svaghi -

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  4. Tra queste poesie quella che preferisco è "Interno marzolino". I versi tra parentesi esprimono tenerezza e necessità di tenerezza, accoglienza e bisogno di essere accolti, sensualità garbata. Il "seno stretto" dell'ultimo verso mi rimanda a un desiderio represso e alla necessità di liberarlo con evidente urgenza che va molto al di là - credo - della sfera dell'eros. Il tutto con una capacità di sintesi che si fa apprezzare anche nelle altre liriche qui pubblicate.

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prova